Dal biancazzurro della Spal a quello del Lornano Badesse. Per Riccardo Mari il salto è stato più grande di quello che dicono i chilometri. Diciotto anni, prima volta lontano da casa e la voglia di inseguire un sogno. L’approccio con una realtà professionistica non è stato semplice, ma questa sfida l’ha presa di petto e i risultati stanno arrivando

Riccardo, finalmente hai iniziato a calcare il campo. Che sensazioni hai provato?
“Era emozionato, però ho cercato di rimanere tranquillo. I miei compagni mi hanno aiutato e anche se sono convinto di poter fare meglio, sono contento. Spero di aver ripagato la fiducia del mister e della squadra”.
Avevi esordito in coppa, ma in campionato eri rimasto quasi sempre a guardare. Quanto è difficile?
“E’ molto difficile. Il calcio è così, un giorno sei al top, quello dopo sei in basso. La differenza la fa la testa. E poi in allenamento andare il doppio per dimostrare che ci sei. E’ più facile a dirsi che a farsi, ma se ci sono convinzione e determinazione, l’occasione arriva”.
Sei a Badesse per farti le ossa. Come sta andando questo inizio?
“Voglio dimostrare qualcosa a chi ha creduto in me. Sto mettendo tutto me stesso durante la settimana. Qualcosa sto raccogliendo, ma la cosa più importante è contribuire ai successi della squadra”.
E’ la tua prima esperienza lontano da casa. Come va?
“Fino all’anno scorso giocavo a livello giovanile. Qui le vittorie contano in maniera differente. Consiglio a tutti i ragazzi di vivere un’esperienza del genere. I primi giorni non è stato facile, ma con poi ho conosciuto meglio i miei compagni e ora sto molto bene. Viviamo insieme e ci facciamo forza l’un l’altro”.
I tuoi genitori sono venuti a vederti contro l’Unipomezia, la prima da titolare. Che ti hanno detto?
“Mi sono emozionato e loro uguale. Poi, mi hanno fatto i complimenti, ma sono stati troppo buono. Sono stato contento in modo particolare per mia mamma, che ha sofferto in questi nel sapermi lontano. Se ho questa opportunità, lo devo principalmente a loro, quindi mi piacerebbe fossero orgogliosi”.
Quanto conta una famiglia alle spalle per un calciatore?
“E’ fondamentale. Una famiglia che ti sostiene e ti dà tranquillità, ti permette di pensare solo al campo. I miei questo sostegno me lo fanno sentire quotidianamente, ma la prima cosa che mi hanno detto è di terminare la scuola. Io vorrei proseguire nel mondo del calcio, ma questo impegno lo voglio concludere. Per me e per loro”.
Ti piace il sistema delle quote?
“Non mi piace pensare che si gioca perché ci sono regole che ci proteggono. Certo, ci aiuta. Però, per me il campo va meritato e serve dimostrare di poterci stare. Altrimenti, è giusto che ci sia spazio per altri”.

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